La logica del caso Orlandi, dove non arrivano i giornalisti

    Dopo anni di studio si deve accettare che il caso Orlandi non è risolvibile secondo la logica della normale attività investigativa, tendente minimalisticamente a mettere insieme gli indizi, bensì secondo una estremizzazione degli eventi che ci conduce, anche non volendo, ad un movente completamente fuori dagli schemi, fortemente più drammatico e addirittura improbabile, sebbene questo sia invece più che reale e tangibile.
    Di attori ce ne sono stati molti e anche di comparse, la maggior parte delle quali si è dedicata, con fervore guerriero e con fare maniacale, alla stesura di libri e romanzi sul caso, che però, loro malgrado, non hanno mai portato ad una concreta spiegazione ragionevole e attendibile.

    Partiamo da questi argomenti (anche se non documentati con certezza)

    A Roma, nella zona di Campo dei Fiori, in un ristorante kosher, si svolgerebbe una conversazione tra il bandito della Magliana Enrico De Pedis e il colonnello della polizia e capo di dipartimento presso il Ministero dell'Interno Piero Giarratana. Nei mesi seguenti, il dottor Lorenzo Gallo, noto avvocato e imprenditore romano specialista in pubbliche relazioni nel campo delle relazioni economiche e commerciali, specie nel settore dell'industria elettronica tra l'Italia e i paesi cosiddetti socialisti, organizza alcuni ricevimenti a scopo di business. Gli invitati sono industriali, uomini della finanza, specialisti nei campi dell'elettronica, del petrolio e dell'industria alimentare. Ospite regolare a questi incontri è l'ambasciatore bulgaro Venelin Kev, spesso accompagnato dall'interprete dell'ambasciata bulgara Hen Marchevsky, che è stato interprete anche al processo per l'attentato al Papa. Negli anni seguenti si scoprirà che Marchevsky era una spia.

    Durante questi ricevimenti, Asen Marchevsky conosce Enrico De Pedis, presentato come un businessman italiano con capitale serio e sicuro per investimenti nel mercato bulgaro dell'elettronica. Marchevsky conosce anche il colonnello di polizia Piero Giarratana, il quale gli confida che Renatino De Pedis è un bandito incallito del quartiere Trastevere, e che si dice comandi la Banda della Magliana. Giarratana avverte Marchevsky di fare attenzione con De Pedis, il quale ora aspira a entrare nel mondo dell'industria e a legalizzare i suoi soldi. Giarratana sospetta anche che la Banda della Magliana abbia sequestrato la giovane Manuela Orlandi.

    Giarratana racconta a Marchevsky un episodio in cui lui e un maggiore dell'ispettorato criminale incontrarono Renatino nel suo quartiere preferito, vicino a Piazza Campo dei Fiori. Durante l'incontro, cercarono di chiarire alcune cose sulla banda, ma Renatino non si sbottonò. Giarratana gli disse che uno dei loro aveva cantato e rivelato che Emanuela Orlandi era stata uccisa e che il cadavere era stato smaltito in due sacchi, buttati nel mare di Ostia o in una betoniera. Renatino negò, dicendo che non avrebbe mai permesso l'omicidio di una "gallina d'oro" come Emanuela Orlandi, e che avrebbe preferito nasconderla all'estero per chiedere un riscatto al Vaticano in futuro. Tuttavia ammise che la banda aveva partecipato al rapimento.

    Marcheschi chiese a Giarratana come mai avrebbero buttato un cadavere in una betoniera. Giarratana spiegò che il cadavere sarebbe stato macinato finemente dalla ghiaia e dal pietrame nella betoniera, rendendo impossibile trovare resti. La conversazione verrà riferita al dottor Giancarlo Capaldo da Marcheschi, che riporterà questa circostanza anche in un suo libro autobiografico pubblicato in Bulgaria nel 2002, precedendo le dichiarazioni di Sabrina Minardi.

    Non esiste documentazione che dimostri la veridicità di questa conversazione. Un alone di mistero avvolge il colonnello Piero Giarratana, di cui si trovano pochissime notizie. Nel 1989, De Pedis sposa Carla Di Giovanni nella Basilica di Sant'Apollinare, con un matrimonio celebrato da Monsignor Pietro Vergari, rettore della Basilica. Il 29 agosto 1989, Monsignor Vergari scrive al Presidente del Consiglio Giulio Andreotti chiedendo un intervento in favore di Marco De Pedis, fratello di Enrico, multato per aver assunto due seminaristi stranieri senza darne comunicazione all'autorità di polizia.

    Una notte storica per i berlinesi e per il mondo intero vede 50.000 persone attraversare il muro da est verso ovest, accolti dall'abbraccio fraterno di una città in festa. Le autorità della Germania comunista iniziano a demolire il muro, segnando la fine della cortina di ferro.

    Il 2 febbraio 1990, Enrico De Pedis viene ucciso in via del Pellegrino. Disarmato, si era recato a un incontro d'affari che si rivelò una trappola. Viene ucciso in pieno centro a Roma, mentre era a bordo di uno scooter, da due motociclisti che gli spararono numerosi colpi di pistola.

    Il 6 marzo 1990, Monsignor Pietro Vergari richiede al Cardinal Poletti, vicario di Roma, di accogliere la salma di De Pedis nei sotterranei di Santa Apollinare, secondo il desiderio della moglie. La lettera attesta che De Pedis fu un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica. I funerali di De Pedis vengono officiati nella Basilica di San Lorenzo in Lucina da Monsignor Vergari, con la presenza di diversi membri della Banda della Magliana. La salma viene poi trasportata e tumulata nel cimitero comunale del Verano.

    Il 2 marzo 1990, un ex ufficiale del KGB, Victor Shov, dichiara al Washington Post che nel 1979 il Cremlino aveva chiesto informazioni per assassinare Papa Giovanni Paolo II. Il 6 marzo 1990, Monsignor Vergari indirizza una lettera al Cardinale Poletti chiedendo il nulla osta per la tumulazione di De Pedis nei sotterranei di Santa Apollinare. Nonostante il canone 1242 del Codice di Diritto Canonico, che vieta la sepoltura di cadaveri nelle chiese, il 10 marzo 1990 il Vicariato di Roma concede il nulla osta.

    Nel 2012 si scoprirà che il Comune di Roma ha autorizzato la traslazione della salma di De Pedis dal Verano alla basilica di Santa Apollinare il 23 marzo 1990. Il 17 gennaio 1991, il Cardinale Poletti si dimette da vicario di Roma per sopraggiunti limiti di età. Nel 1993, nell'ambito dell'inchiesta sul caso Emanuela Orlandi, viene interrogato per la prima volta dal giudice istruttore Adel Rando l'agente del SISDE Giulio Gangi. L'ultima proprietaria ufficiale della BMW 745, ritrovata nel garage di Villa Borghese, dichiara di aver acquistato l'auto dal signor Fe, fabbro e titolare di un negozio di tendaggi a Torpignattara.

    Il 23 febbraio 1993 si svolge la prima udienza per il rinvio a giudizio di Flavio Carboni, Giulio Lena e Paolo INCA per ricettazione della borsa di Roberto Calvi. Tutti vengono condannati, ma grazie a un condono non andranno in carcere. Un mese dopo, il 23 marzo 1993, la Corte d'Appello di Roma annulla la sentenza per un vizio procedurale, accogliendo il principio che il processo avrebbe dovuto celebrarsi secondo le nuove norme del Codice di Procedura Penale in vigore dall'ottobre 1989. Il secondo processo si conclude con la condanna di Carboni e l'assoluzione di Monsignor INCA.

    Facciamo un passo avanti

    27 maggio 1993, davanti al giudice Adele Rando, si presenta la giornalista Anna Maria Turi che parla di un'intervista al cardinale Silvio Oddi da lei registrata 13 mesi prima e della signora Vittoria Arzenton, madre di Mirella Gregori.

    24 giugno 1993, il cardinale Silvio Oddi, interrogato come testimone dal giudice istruttore Adele Rando, dichiara: "Con specifico riferimento alla scomparsa di Emanuela Orlandi, posso solo dire che alcuni giorni dopo, ritengo una settimana dopo la scomparsa, e quando ormai la stampa ne aveva dato notizia, ebbi modo di sentire occasionalmente una conversazione tra due uomini sui 40 anni in prossimità dell'ingresso del Vaticano di Sant'Anna. Incuriosito, mi avvicinai e uno dei due diceva all'altro che la ragazza in questione era stata vista scendere da un'autovettura di lusso che era rimasta fuori ad attenderla parcheggiata in via Porta Angelica. Dopo circa tre quarti d'ora o mezz'ora, la stessa ragazza era stata vista tornare, salire a bordo e andare via. Non sono in grado di fornire elementi utili all'identificazione delle due persone in quanto, come ho detto, si trattò di un fatto occasionale".

    1 luglio 1993, la signora Vittoria Arzenton, madre di Mirella Gregori, davanti al giudice istruttore Adele Rando conferma le circostanze dell'intervista rilasciata alla giornalista Anna Maria Turi e di aver riconosciuto in Raul Bonarelli l'uomo che tante volte si era intrattenuto con la figlia e con Sonia De Vito. In particolare, precisa che l'episodio della visita del pontefice alla parrocchia San Giuseppe risale al 15 dicembre e che l'uomo da lei individuato nella canonica della parrocchia, dove si trovava in quel momento Sua Santità, era senz'altro la persona già vista frequentare il bar di Sonia De Vito fino alla scomparsa di Mirella, avvenuta nel maggio 1983. Ricorda che quest'uomo era solito sedersi nel bar dei De Vito, dove abitualmente si trattenevano anche Mirella e Sonia, che erano molto amiche. Più volte ebbe modo di notare che le ragazze, sebbene senza sedersi al suo tavolo, scambiavano qualche battuta con tale persona, intrattenendosi con lui scherzando o ridendo. Conferma altresì che, incrociando il suo sguardo in occasione della visita del pontefice, l'uomo lo distolse quasi contrariato di essere stato riconosciuto. Per quanto riguarda Sonia De Vito, ha sempre ritenuto che sapesse più di quanto emerso, dato lo stretto legame che univa le due ragazze e l'inattendibilità delle dichiarazioni rese da Sonia nell'immediatezza del fatto.

    7 luglio 1993, a firma del Dottor Nicola Cavaliere, viene trasmessa un'informativa alla dottoressa Rando. Il dirigente della direzione centrale della polizia criminale rende noto al giudice istruttore che verso la fine dell'ottobre 1987, l'avvocato Gennaro Ergidio, legale di parte civile delle famiglie Orlandi e Gregori, consegnava allo scrivente, all'epoca vicedirigente della squadra mobile della Questura di Roma, un foglietto manoscritto con sopra annotato "Bonarelli Raul, via Alessandria 107, telefono 844", a sua volta ricevuto dalla signora Gregori il 7 ottobre 1987.

    Agosto 1993, sul quotidiano Il Tempo, il cardinale Silvio Oddi dichiara: "Emanuela Orlandi, stando a certe testimonianze che ho raccolto per caso, potrebbe essere finita in qualche sceiccato. Quando ero Nunzio apostolico al Cairo, ho salvato parecchie di queste ragazze e le ho fatte ritornare in Europa con passaporti falsi. Quale sfregio peggiore si poteva fare al Vaticano, rapendo proprio una bella ragazza con cittadinanza vaticana".

    13 agosto 1993, nel programma televisivo Mixer, il cardinale Silvio Oddi afferma: "Ho visto quella macchina una volta, era una macchina ferma. Una donna è entrata in Vaticano poi è uscita di nuovo. Non so chi fosse, ma l'impressione era che fosse scappata".

    11 ottobre 1993, letti gli atti processuali, l'ufficio istruzione del tribunale di Roma rileva che appare opportuno procedere all'intercettazione telefonica dell'utenza intestata a Raul Bonarelli per la durata di 15 giorni.

    Ottobre 1993, poco prima delle 19:45, alcuni ufficiali di polizia notificano a Raul Bonarelli il decreto di citazione emesso dal giudice istruttore Adele Rando per essere inteso come testimone nel procedimento penale contro ignoti imputati di sequestro di persona in danno di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Dal brogliaccio delle intercettazioni si registra che alle 19:44 vi fu una chiamata in uscita al numero 3125. Risponde la vigilanza, tale Sibino Bonarelli, che cerca di contattare la segreteria di stato.

    13 ottobre 1993, la telefonata tra Raul Bonarelli, Sibino e il capo viene riascoltata e trascritta negli uffici del centro interprovinciale della polizia criminale. Alle 11:15, Raul Bonarelli, convocato come testimone, si qualifica come funzionario della vigilanza pontificia. Interrogato, risponde: "Smentisco decisamente la circostanza affermata dalla signora Gregori inerente a una mia probabile presenza presso il bar De Vito. Non ho mai avuto il tempo di intrattenermi presso un bar quasi quotidianamente. Conoscevo la famiglia Orlandi e anche Emanuela per ragioni del mio lavoro, ma non sono in grado di dare all'ufficio nessuna informazione in ordine alle cause della scomparsa".

    16 ottobre 1993, il giornalista Fiore De Rienzo consegna al Tribunale di Roma due videocassette contenenti le riprese della visita del pontefice alla parrocchia San Giuseppe del 15 dicembre 1985. La signora Arzenton viene convocata in procura e visiona il filmato, confermando che nessuna delle persone presenti corrisponde all'uomo da lei descritto.

    Le gravi condizioni di salute della signora Arzenton impediscono di chiarire ulteriormente la questione. Questo induce il procuratore generale a chiedere il proscioglimento di Raul Bonarelli, richiesta non accolta dal giudice Adele Rando, che ordina uno stralcio di indagini per gli aspetti non chiariti della telefonata del 12 ottobre.

    17 novembre 1993, l'agente del SISDE Giulio Gangi scrive una lettera riservata al Presidente del Consiglio dei Ministri, Carlo Azeglio Ciampi, esprimendo rammarico per il suo possibile allontanamento dai servizi per aver svolto nel 1983 inopportune indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Il 3 dicembre 1993, come da decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, Gangi viene trasferito dal SISDE ad altra amministrazione dello Stato.

    Intanto, Monsignor Francesco Salerno, consulente legale della prefettura degli affari economici della Santa Sede, afferma che negli archivi della segreteria di Stato potrebbero esserci documenti relativi alla vicenda di Emanuela Orlandi.

    10 aprile 1994, Ercole Orlandi, padre di Emanuela, dichiara: "Siamo vittime di un'oscura ragion di stato. Ci devono dire qual era la trattativa e chi erano le parti in causa. Nostra figlia è stata rapita da un'organizzazione potente e ben protetta. Si tratta di un intrigo internazionale dietro la scomparsa di Emanuela. I servizi segreti italiani e stranieri sono coinvolti. L'americano che ci chiamava sapeva che il nostro telefono era sotto controllo e non faceva durare le chiamate più di 6 minuti. Utilizzava un apparecchio per la triangolazione delle telefonate, proteggendo il numero di partenza".

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